Il
bon ton mi ha sempre affascinata. Ne ero irretita quando ancora
non sapevo nemmeno dare un nome a certe cose belle che vedevo,
all'eleganza di certi atteggiamenti.
Mi ritrovavo a spiare le
amiche della mamma, o semplicemente persone estranee, che
attiravano la mia curiosità di bambina. Ne studiavo l'atteggiamento,
il modo di parlare, di pronunciare certe parole, l'uso di un termine
che non conoscevo, il modo di accostare i colori e mi ritrovavo ad
imitarne i gesti.
Non mi colpiva il lusso: la macchina che guidavano,
le loro case...no...mi colpiva come affrontavano le questioni
quotidiane, il loro stare in casa, la cura dei dettagli, i piatti che
cucinavano, un velato anticonformismo in cui riconoscevo la mia
voglia di libertà.
Ma ciò che più ammiravo era la dignità di certe
signore, mai eccessive, sempre adatte al momento ed adeguate alle
circostanze...immaginavo le loro vite perfette.
Ancora
adesso i dettagli mi catturano, nel bene e nel male: noto cose che ad
altri sfuggono, almeno in un primo momento. Nel tempo questa
predisposizione è servita per affinare il mio gusto e per capire che
l'eleganza, c'entra poco con la quantità di denaro che si possiede.
E' una giustificazione di molti: ci si nasconde dietro la sciatteria
per pigrizia, assolvendosi con la scusa che “certe cose sono roba
da ricchi”.
L'eleganza sta nella sobrietà, nel togliere invece di
aggiungere, nel possedere solo gli oggetti indispensabili, oltre a
pochi e selezionati oggetti del cuore. Nella postura più che nel
vestito che si indossa, nel tono della voce, più che nel colore del
rossetto, nel modo in cui si muovono le mani, più che nella
grandezza del brillante all'anulare.
Nel sapere cucinare poche e
veloci ricette sane, da condividere con gli amici, più che andare al
ristorante tutti i fine settimana. Nel conoscere, anche in città,
quel posto indifferente ai più, dove cogliere fiori freschi,
nell'essere aggiornati sugli eventi culturali della zona, nell'andare in biblioteca e
prendere in prestito almeno un libro al mese, nel camminare invece
di andare in palestra, nello scegliere ogni tanto di stare da soli il fine
settimana, a cucinare, leggere, passeggiare.
Sta arrivando l'autunno, direi finalmente: è tempo di comfort food, di
cibo che sazia e riscalda, di forno acceso. Ho preparato un polpettone
di tacchino al vino bianco e alloro. Una delle poche ricette di
carne, considerata la poca quantità che se ne consuma in casa mia.
Polpettone di tacchino al vino bianco e alloro
Polpettone di tacchino al vino bianco e alloro
Dalla
dispensa
500
gr di petto di tacchino da allevamento non intensivo
80
gr di pane raffermo
120
ml di latte
2
uova
5-6
cucchiai di pecorino toscano stagionato ben grattugiato
3
– 4 cucchiai di pangrattato
200
ml di vino bianco
5
foglie di alloro
olio
evo
sale
e pepe
Come
Procederemo
La
prima cosa da fare è ammollare il pane nel latte, e poi strizzarlo
bene con le mani.
Macinare
il petto di tacchino e porlo in una ciotola capiente e aggiungere il
sale, il pepe, il pane ben strizzato, le uova, il pecorino
grattugiato e il pangrattato.
Con
le mani dare all'impasto la forma del polpettone e poi copritelo di
pangrattato aromatizzato con sale e pepe.
Porre
il polpettone in una teglia ben oliata, con le cinque foglie di
alloro.
Far
cuocere a 180° per 20 minuti, girando spesso così che che la carne si
cuocia su tutti i lati. Dopo 20 minuti, versate il vino bianco in
modo che il liquido raggiunga 1 cm di profondità e continuare la
cottura per altri 30 minuti circa.
Servire
il polpettone a fette, dopo averlo fatto riposare almeno 10 minuti
coperto da un foglio di alluminio.
Ringrazio l'autrice di questa ricetta che ho personalmente rivisitato: Rossella Venezia del blog vanigliacooking.blogspot.it, fonte di grande ispirazione.
Letizia